Quella fotografia poi non l’abbiamo mai appesa.
Sorrideva in mezzo ai due bambini, sul ballatoio, in una bella giornata di sole di maggio. Stavamo partendo per Firenze per recarci al matrimonio di un amico, anche lui istruttore di vela col quale avevo condiviso belle esperienze di mare.
Era venerdì e abbiamo deciso di andare a Firenze a questo matrimonio, trascorrendo li
il week-end anche se poi, il lunedì mattina lei sarebbe ripartita per la Toscana, isola d’Elba, con la classe della scuola in cui insegnava, per una “settimana azzurra”.
Questa settimana con i suoi ragazzi l’aveva organizzata e preparata lei, curandola nei minimi particolari. Ci teneva molto far fare questa esperienza, non solo didattica, ai suoi studenti: una settimana di corso di vela alternato ad escursioni nelle ex-miniere dell’Elba, un percorso interdisciplinare delle materie di scienze ed educazione fisica.
E poi, e soprattutto, un’esperienza indimenticabile. Un’uscita didattica e non una gita scolastica ribadiva con forza e determinazione.
Il mare, la barca erano la nostra dimensione ideale. Ci siamo conosciuti a maggio di
dieci anni prima in mare, in barca a vela. Quando il lunedì sera ci siamo sentiti per
telefono e le ho chiesto come stava, mi ha risposto: “come vuoi che stia? Sono al
mare!”. Avrei accudito io i bambini in quella settimana, preoccupandomi dei loro
bisogni, portandoli a scuola, ed il piacere di essere sia mamma che papà mi avrebbe alleviato la fatica.
Il vento è fresco, la giornata di sole, le due barche ormeggiate ai pontili aspettano che i ragazzi, divisi in piccoli gruppi di otto, accompagnati dall’insegnante e con lo skipper,prendano posto a bordo dopo la lezione teorica. E’ la prima uscita, per tutti la prima
esperienza velica. L’eccitazione è palpabile, la curiosità di conoscere un nuovo modo di vivere il mare, di stare assieme condividendo emozioni nuove per tutti. Il non sapere
come sarà stare sopra quel guscio di legno spinto dal vento sulle sue vele. Ripassare
mentalmente le cose ascoltate durante la lezione, la sicurezza innanzitutto, indossare il giubbotto salvagente, ascoltare gli “ordini” dello skipper, muoversi con cautela in barca,ma anche ascoltare il vento, capire con il proprio viso da che parte proviene, osservare le vele come sono disposte in funzione della provenienza del vento. Guardare la terra dal
mare, un punto di vista diverso capace di farti scoprire cose che non riusciresti vedere altrimenti. Stare in mare ed ascoltare le emozioni che sa darti.
La giornata è di sole, un sole milanese. La sveglia, la colazione coi bambini, vestirli,zaino di una e sacchetta dell’altro li ho preparati la sera prima, portarli a scuola, prima alla scuola elementare poi all’asilo. Arrivo in ufficio già spossato prima di iniziare a lavorare. Mi aspetta una giornata importante, ho convocato una riunione di direzione in cui devo discutere il piano d’azione per raggiungere gli obiettivi prefissati. Un pensiero a lei, che voglia di essere anch’io al mare!
Gli equipaggi sono pronti, saliti a bordo i ragazzi prendono posto seduti in pozzetto, la prof fa le ultime raccomandazioni poi uno sguardo all’altra barca dove c’è un gruppo distudenti di un’altra scuola, accompagnati dalla loro insegnante, sua amica, con la quale hanno organizzato e programmato questo percorso didattico in comune.
Un sorriso ed il pollice verso l’alto all’amica per dire “tutto a posto, partiamo”.
La manovra di uscita dal porto avviene tranquillamente, le barche procedono lentamente per guadagnare lo specchio d’acqua antistante il marina. La baia racchiude il paese e le case si alternano alle macchie di vegetazione, è proprio vero, il paese visto dal mare sembra più bello che vederlo camminando per le sue strade. Il piccolo isolotto di fronte si avvicina con il procedere della barca.
Sulla barca l’attenzione è alta a tutte le attrezzature presenti, ci sono tante corde
osservano subito i ragazzi, è l’occasione per introdurre accenni di nomenclatura, in barca non ci sono corde ma cime che hanno ognuna una diversa funzione ed ognuna un diverso nome in virtù della funzione che svolge: drizze, scotte, borose, chiamare ogni cosa con il proprio nome è anche una questione di sicurezza. Ma è anche il modo per capirsi immediatamente, per comunicare correttamente un ordine, per regolare al meglio un’attrezzatura. Comunicare, capirsi concetti che aprono la strada a tanti ragionamenti,che ordinano la vita di relazione in barca e non solo. Ecco che la finalità didattica,educativa, formativa di questa esperienza emerge. Vivere un percorso che con l’utilizzo della barca e del mare faccia crescere la consapevolezza che ogni elemento: il mezzo- la natura – l’uomo (la barca – il mare ed il vento – l’equipaggio) interagisce e tutto quello che
avviene in navigazione succede per la relazione che esiste tra questi tre elementi. Così con il procedere della barca e del percorso didattico lei vede l’avvicinarsi dei suoi obiettivi.
Gli obiettivi prefissati in occasione della riunione vendite di inizio anno fiscale non sono ancora raggiunti. Proietto una tabella Excel corredata di un grafico ad istogrammi in cui confronto i dati dello scorso anno, in questo periodo, con i risultati ottenuti ed il target. L’altezza delle colonne colorate mette in evidenza che siamo cresciuti rispetto l’anno precedente, ma che siamo ancora distanti dal target. Siamo a metà del secondo quarter e dobbiamo predisporre un efficace piano d’azione per colmare questo gap.
Chiedo ai responsabili vendite delle aree di illustrarmi l’analisi del mercato delle loro zone di competenza e di fare alcune proposte operative, perché Casamadre non sente ragioni: gli obiettivi bisogna raggiungerli……ma prima coffee-break!
Mi avvicina il capo-area di Napoli: tutto bene a casa? Tutto bene, tutto bene, questa
settimana sono solo coi bimbi, mia moglie sta accompagnando la sua classe al mare ad
un corso di vela. Che bello!
E’ arrivato il momento, issiamo le vele. La barca si dispone in filo al vento. Prima issiamo la randa, la vela più grande, quella attaccata all’albero ed al boma. State attenti sempre al boma, spiega, il suo repentino spostamento in barca può essere pericoloso. State bassi, il boma sulla testa fa male! La randa si alza, sbatte al vento, il rumore è forte, la barca rolla. Quando la vela è completamente issata lo skipper cazza la scotta e poggia leggermente. Il rumore si placa, la barca avanza e si sente lo sciabordio dell’acqua sullo scafo, questo rumore è più piacevole e più tranquillizzante. Adesso è il momento del fiocco. Alzare questa vela di prua sembra più semplice, il rumore del suo sventolio è più tenue. Le scotte del fiocco si agitano in pozzetto come fruste, viene cazzata la scotta di sottovento, la vela si gonfia. Anche questa volta il rumore si placa e si sente solo il suono
del vento e del mare. La barca scivola sull’acqua. Viene richiamata l’attenzione dei
ragazzi su due aspetti: “ascoltare con il volto il vento, capirne la provenienza, anche ad occhi chiusi” ed “osservare la posizione delle vele”. Quando la prua della barca si allontana dalla direzione di provenienza del vento le vele si allontanano dal centro della barca, sono più distanti da noi, la barca procede piatta sulla superficie del mare. Quando le prua della barca si avvicina alla direzione di provenienza del vento le vele rientrano in barca, sono più vicine a noi, la barca si inclina leggermente su un lato, il fischio del vento è più forte nelle nostre orecchie.I ragazzi sono curiosi di sperimentare queste osservazioni. Le sollecitazioni sono tante.
Rendersi conto della posizione delle vele in funzione alla provenienza del vento non
avviene immediatamente, all’unisono. I muscoli si irrigidiscono all’oscillare dello scafo.
Pronti alla prima virata. Si vira. La barca compie un’evoluzione, le vele sventolano e si rigonfiano dalla parte opposta. Cambiamo direzione. Gli occhi ruotano per individuare i punti di riferimento, dov’è l’isolotto? Dove sono le case sulla costa? Il punto di vista cambia. Le emozioni che si provano sono piacevoli.
Ci si avvicina alla costa, le cose che non si riusciva a vedere prima si riconoscono adesso.
Ci si prepara ad un’altra virata. La manovra adesso viene spiegata prima di eseguirla, richiamando il ricordo a quello vissuto poco prima in modo che sia più consapevole. Ci si prepara e si vira. Anche i pesi in barca hanno la loro importanza e ad ogni virata si fa spostare alcuni ragazzi da una parte all’altra del pozzetto. Ora è all’isolotto che ci avviciniamo. Il tempo che passa aumenta la familiarità con quel contesto.
Pronti per un’altra virata. “Viro” grida lo skipper. La barca si piega su un lato,
un’inclinazione nota, conosciuta nelle virate precedenti, non preoccupa più come la prima. La prua cambia direzione, le vele si sgonfiano ed il loro sventolio fa rumore, ma presto si azzittiranno gonfiandosi sull’altro bordo. La barca continua a piegarsi, un’inclinazione lenta ma inesorabile, qualcuno cerca di raggiungere il lato opposto dello scafo, si aggrappa alla falchetta. Ai rumori del vento e delle vele si aggiungono le urla dei ragazzi,le imprecazioni dello skipper. La barca prosegue la sua evoluzione, l’albero adesso è parallelo alla superficie dell’acqua. Lo scafo imbarca acqua, il pozzetto è per metà immerso, il grido della prof “non allontanatevi dalla barca!”. La barca si rovescia completamente. Adesso la sua chiglia emerge dall’acqua e non si vedono più le vele.
Attorno alla barca nella sua innaturale postura l’acqua è un ribollio. Ci si chiama, ci si cerca e si cerca di capire cosa è successo, si cercano i punti di riferimento, si cerca laprof. Eccola che grida di stare calmi di aggrapparsi alla barca, di salire sullo scafo rovesciato. Ci conta, ne manca uno! Lei si immerge, il ragazzo è rimasto impigliato tra le“corde” sotto la barca. Lo raggiunge e con l’aiuto dello skipper lo libera. Riemergono, aiuta il ragazzo a raggiungere gli altri sulla barca capovolta. Lei rimane in acqua, esige il silenzio per poter fare l’appello ed accertarsi che ci siano tutti. Urla i nomi recuperando il fiato tra uno e l’altro. Tutti e otto rispondono, ci sono tutti, tutti sono salvi sopra lo scafo.
I suoi muscoli si allentano, la tensione cala. Quella tensione che le ha dato l’energia per resistere fino a quel momento. Il fiato corto, non riesce a recuperare il respiro e le forze per avvicinarsi alla barca. Adesso c’è silenzio. Lo sguardo compie un arco verso l’alto, vede il cielo azzurro, poi il mare l’abbraccia tenendola con se.
La riunione è ripresa con gli interventi degli area manager. Dati e numeri si mescolano ad argomentazioni che enfatizzano i risultati ottenuti e giustificano gli obiettivi mancati. E’ il budget che è sbagliato, Casamadre non può pretendere che….. squilla il mio telefono. Scusate ho tenuto acceso il cellulare nel caso la scuola dei bambini debba comunicare con me. Pronto…..
Un amico mi aspetta sotto casa, mi accompagnerà in questo viaggio. I bambini
staranno con i nonni per qualche giorno, “farete una vacanza dalla scuola per qualche
giorno”. In macchina tanti pensieri, uno al mare: “ti abbiamo voluto così bene, come
hai potuto farci questo?”. Adesso vado al mare anch’io.
Marino Costadoni
lunedì 28 dicembre 2009
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